Il Parco della Maremma: a caccia di pirati sui Monti dell’Uccellina

Il Parco della Maremma: a caccia di pirati sui Monti dell’Uccellina

L’unico spiraglio di sole in un giorno di perturbazioni scenderà sempre e sicuramente sulla costa della Maremmana. Qui, tra coste selvagge e colline ammantate di macchia mediterranea, antiche pinete e larghi stagni, il Parco Regionale della Maremma brilla come un cuore verde di questa terra bella e genuina. Pochi parchi in Italia garantiscono tanti avvistamenti faunistici come questa oasi dove gestione rigorosa ha consentito di mantenere un ambiente inalterato e un territorio dove natura e storia umana sanno ancora sposarsi. Nei due giorni in cui abbiamo visitato il parco abbiamo visto tartarughe palustri, aironi e trampolieri, il raro (ma qui ben presente) falco pescatore, la lepre, tante volpi di cui alcune ben familiari con l’uomo e pronte a lasciarsi avvicinare (ricordatevi, non datele da mangiare, nuoce alla loro salute e al loro istinto), daini e ovviamente cinghiali, i veri padroni di queste macchie.

Come arrivare
Il Parco si estende nei mondi dell’Uccellina ed ha due ingressi: uno presso Alberese, un bel villaggio rurale dove negli anni Trenta giunsero migliaia di coloni veneti che con fatica bonificarono queste terre paludose, trasformandole nel paradiso agricolo che rifornisce di primizie tutta la Toscana; siamo nel comune di Grosseto e un ponte pedonale di recente costruzione, scavalcando l’Ombrone consente di raggiungere il parco anche dalle affollate riviere di Marina di Grosseto e Principina . L’altro ingresso è a Talamone, tra Grosseto e l’Argentario, esattamente al lato opposto del Parco. Le gite più accessibili ai bambini sono comunque quelle da Alberese.
L’accesso è ben regolamentato: si paga il biglietto di ingresso (10 euro gli adulti, 5 i bambini sopra i 6 anni, gratis i più piccoli), ci si fa consigliare sul percorso (ce ne sono per tutti i gusti e capacità, e variano a seconda delle stagioni). Dopo l’epidemia dell’inverno 2020 non c’è più l’autobus e in auto (o in bici, anche e-bike) si accede ai vari ingressi.
All’ingresso del parco ci viene fornita una cartina del parco, la più dettagliata e ben fatta che si possa immaginare: una guida sicura per non perdersi.

Il sentiero delle Torri
Il sentiero delle torri è un percorso sempre entusiasmante sia per gli stupendi ambienti attraversati che per l’accesso finale al mare. Dopo le modifiche in seguito al lockdown si parcheggia l’auto al parcheggio dei Pinottolai, lungo la strada che portsa al mare, e da qui si cammina nella pineta fino a raggiungere il vecchio canale di bonifica presso il Ponte delle Tartarughe. Da qui il sentiero tira dritto nella macchia mediterranea, sempre protetto dall’ombrello dei pini marittimi, fino a che la macchia lascia il posto alle bellissime dune e da queste alla spiaggia e al mare. La spiaggia di Collelungo è incredibilmente pulita ed intatta, ha un bell’aspetto selvaggio con le sue dune e le rosse ricche di grotte e anfratti alle spalle. Il ritorno l’abbiamo percorso salendo alla Torre di Collelungo, con una breve salita tra roccette, e da qui siamo discesi all’Oliveto di Collelungo. Una salita di mezz’ora, non difficile ma da evitsare nelle calde giornate estive, porta alla bellissima e panoramica Torre di Castelmarino. Ridiscesi all’oliveto, si segue la strada asfaltata forestale per un breve tratto in discesa, arrivando fin quasi al mare, per poi ripercorrere il sentiero dell’andata. Un sentiero comodo e ben battuto, al punto che è quasi tutto comodamente percorribile a piedi nudi, in una bellissima esperienza di barefooting.

Altro da fare
Come detto il Parco offre numerosi percorsi anche impegnativi, per tutte le età e gambe.
Da Alberese una strada, affiancata da una bellissima pista ciclabile, porta al mare attraversando i più bei paesaggi maremmani, dove pascolano cavalli allo stato brado e le famose mucche dalle corna gigantesche e dall’aspetto primitivo.
Poco prima della spiaggia una strada si stacca a sinistra (sentiero A7) e porta, in 3 Km di semplice strada immersa nella macchia, alle foci dell’Ombrone dove tra l’altro esiste un capanno di avvistamento che permette di osservare gli uccelli dalle sponde del fiume.
Il Parco stesso organizza una serie incredibile di iniziative: un ottimo punto di partenza è questa pagina del sito ufficiale del Parco.
Si può passare la notte in uno dei tanti agriturismo della piana di Alberese: consiglio di scegliere la mezza pensione, chi la fa vi offrirà una cena a base di prodotti locali, sapori veri e indimenticabili.

Storie di pirati e di corsari
Questa è una storia di pirati, e non è una storia inventata. Alla fine del XVI secolo, all’incirca negli stessi anni in cui nei Caraibi le prime navi corsare inglesi e francesi iniziavano a solcare i mari a caccia di galeoni spagnoli, le nere galee dei pirati imperversavano anche su queste coste. I capitani di questi mari erano turchi, i nemici storici degli stati del Mediterraneo occidentale; gli equipaggi delle loro navi erano per lo più provenienti dalla Turchia ma anche dalla Barberia (le coste dell’Algeria, Tunisia e Marocco) e anche da Italiani, Spagnoli e Francesi che avevano scelto di dedicarsi alla vita piratesca. I nomi di questi capitani e delle loro ciurme è rimasto impresso per secoli nella memoria delle popolazioni costiere a causa dell’efferatezza dei loro assalti, della loro bramosia di ricchezze, della loro morbosa ricerca di oro e schiavi e della spietatezza con cui punivano le città che osavano ribellarsi.
Khayr al-Din detto il Barbarossa, capitano valoroso quanto spietato, dai porti dell’Africa terrorizzava tutta la costa mediterranea dalla Sicilia alla Costa Azzurra fino alle isole Baleari, depredando i monasteri sulla costa e catturando come schiavi intere popolazioni. La sua crudeltà era celebre, eppure in tarda età si innamorò della giovane figlia del governatore di Reggio Calabria e per questo risparmiò la città e tutti i suoi abitanti.
Il pirata Dragut, valoroso e temuto, era stato il luogotenente del Barbarossa; come accadeva per i corsari dei Caraibi anche Dragut si alleò con i francesi per combattere la Spagna e i suoi alleati italiani. Si racconta che un giorno in Puglia uccise 5000 persone mentre in un’altra occasione presso Malta catturò altrettanti schiavi.
Uluch Alì si chiamava in realtà Giovanni Galeni, era Italiano e cristiano: il giorno in cui stava per entrare in convento come monaco fu catturato e messo al remo di una galea. Poi un giorno fu sfidato da un turco e Giovanni, per poterlo uccidere senza essere poi giustiziato come prescritto dalla legge turca, scelse di abbracciare la fede nell’Islam; vinse il duello, prese il nuovo nome Uluch Alì e iniziò una rapida e fortunatissima carriera fino a diventare uno dei più celebri capitani corsari di queste coste. Non aveva pietà quando conquistava una città ma in punto di morte lasciò tutti i suoi averi ai numerosi schiavi e servitori, liberandoli: un altro pirata dall’inatteso cuore d’oro.
E chi erano i condottieri dell’altra parte? Innumerevoli, alcuni celebri, come Andrea Doria, altri rimasti sconosciuti; alcuni coperti da successi e onori, altri periti in anonime battaglie in riva al mare.
Le torri del Parco dell’Uccellina furono costruite o restaurate per creare una linea continua di punti di avvistamento; le sentinelle abitavano per lunghi periodi in queste torri con l’unico incarico di avvistare in anticipo le nere vele turche e avvertire i villaggi dell’entroterra e gli eserciti pronti a fronteggiarli. Il poderoso sistema di difesa fu voluto da Cosimo I dei Medici, signore di Firenze e primo Granduca di Toscana, figlio del grande condottiero Giovanni dalle Bande Nere, spietato con i nemici ma illuminato e tollerante con il suo popolo; e naturalmente acerrimo nemico dei corsari turchi.
Cosimo combatté duramente con i pirati riuscendo ad evitare alle coste Toscane e ai villaggi che vi si affacciavano il triste destino di totale distruzione che toccò ai paesi del resto del Mediterraneo.

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