Un’avventura speleo alla grotta di gesso del Farneto

Un’avventura speleo alla grotta di gesso del Farneto

Un sentiero nel bosco conduce ad alcuni inghiottitoi e grotte che sprofondano nelle colline fatte di cristalli di gesso.
Un posto così sarebbe già di per sé affascinante anche senza sapere che si trova al limite della città metropolitana di Bologna, a meno di un paio di chilometri dalla periferia e a non più di sette dalla tangenziale.
In queste grotte l’uomo ha bivaccato per millenni, spesso occupando il posto di feroci predatori, ed entrambi hanno lasciato i segni della loro presenza: ossa di prede, pietre lavorate, e poi nei secoli seguenti vasellame e oggetti in bronzo e ferro.
Possibile? Qui dove finisce la Pianura Padana e le prime colline anticipano l’Appennino i nostri antenati si fermavano, lasciavano riposare le loro greggi, abitavano e lavoravano.
Un viaggio alla scoperta della Grotta di Farneto e del Parco dei Gessi Bolognesi.

La Grotta del Farneto
Il gesso è un minerale composto da solfato di calcio che si è depositato nelle acque molto basse di un mare caldo, tropicale. I cristalli di gesso sono molto belli, traslucidi o trasparenti, e sono tenerissimi: possono essere scalfiti con un’unghia.

L’acqua scava e scioglie facilmente il gesso creando grotte e cunicoli, inghiottitoi e buchi.
Una di queste grotte, la Grotta di Farneto, era rimasta riempita di terra e sedimenti a tal punto da restare ignota per millenni finché lo studioso bolognese Francesco Orsoni la scoprì nel 1871, liberandola e riaprendo l’accesso.
Si scoprì che la grotta, prima di essere ostruita, era stata utilizzata per tutta l’età del bronzo, cioè quella lunga età della storia umana che chiude la preistoria e apre il nuovo capitolo della storia etrusca.
Qui gli uomini venivano a scavare il gesso, utile per fare la scagliola, ma anche a ripararsi dal brutto tempo e a portare le greggi.
La grotta oggi si può visitare grazie all’accompagnamento delle guide del Parco dei Gessi e dei Calanchi Bolognesi. Le guide forniscono un vero caschetto da speleologo ad adulti e bambini, perché la gita sarà una vera esperienza speleologica; saranno quindi necessari buoni scarponcini da montagna o stivali con la suola scolpita, e vestiti che si possano sporcare, visto che nelle grotte il fango non manca. Inoltre c’è da ricordarsi che la temperatura in grotta è costantemente sui 18 gradi, anche d’estate.
L’organizzazione è impeccabile, la gita è semplice e tutto il percorso è ben percorribile per bambini dai quattro anni in poi.
Il percorso è affascinante, si attraversano sale e cunicoli che l’acqua ha scolpito nel gesso: i cristalli nel soffitto della grotta risplendono alla luce delle lampade come stelle sotterranee.
In alcuni punti si striscia (soprattutto gli adulti) tra pareti di roccia, in altri la grotta si apre in sale di varie forme. Non è raro incontrare piccoli pipistrelli e, proprio per non disturbare il loro letargo, le visite vengono sospese da Novembre a Marzo. Altre informazioni sui programmi delle visite possono essere scaricati dal sito del turismo di Bologna.
Nella sala più profonda della grotta si fa la prova di coraggio: si spengono tutte le luci sui caschi e, nel silenzio più assoluto, si scopre il buio totale della grotta: per dirla con le parole della guida, si vive l’esperienza di un pipistrello.

Il museo della preistoria Luigi Donini
Questo splendido museo ha un allestimento emozionante, quasi un’immersione nel fiume del tempo, ed è una tappa obbligata prima o dopo l’esplorazione delle grotte.

Già nel giardino antistante incontriamo i protagonisti dell’ultima era glaciale, animali enormi che popolavano queste terre fino a 15mila anni fa. Un gigantesco mammouth troneggia all’ingresso, poco più in là si può provare il brivido di entrare nella tana di due grosse iene, o di fronteggiare l’attacco di un orso delle caverne e di un leone dei ghiacciai.
All’interno la prima sala descrive il mondo delle glaciazioni: tra fossili e ricostruzioni ambientali viene raccontato il paesaggio dell’Appennino quando qui regnavano neve e ghiaccio. In un lato della sala è ricostruita una grotta nel gesso, proprio come la grotta di Farneto, allo scopo di illustrarne gli ambienti, le forme e la bellezza dei grandi cristalli di gesso.
La sala superiore è bellissima e racconta l’evoluzione dell’uomo. Ci sono innumerevoli reperti rinvenuti nella fascia pedeappenninica bolognese e nelle grotte del gesso ma i bambini restano soprattutto colpiti dalle perfette ricostruzioni in scala reale delle principali tappe dell’evoluzione umana: l’Australopiteco Lucy che cammina nelle steppe dell’Africa Orientale, i primi ominidi che sbirciano intimoriti nascondendosi nell’erba della savana, un homo habilis che scheggia la pietra, e poi ancora una scena di caccia e un piccolo accampamento di 200mila anni fa, un vecchio sciamano Neanderthal che cura un bambino ferito, un pescatore del neolitico, un cacciatore dell’età del bronzo.
Sul tavolo centrale vengono organizzati piccoli workshop per bambini, si costruiscono ornamenti in lamine di rame con le geometrie preistoriche.
L’ultima sala è dedicata alle culture Villanoviane ed etrusche; anche queste vengono raccontate nello stile divulgativo di questo museo, ricostruendo una capanna della prima età etrusca attraverso la quale si passa per raggiungere l’esposizione dei reperti.
Il museo ha anche un sito internet ben curato e pieno di informazioni.

Come raggiungere la grotta e il museo
Per chi viene da fuori Bologna si esce dall’uscita Bologna San Lazzaro e si prosegue per San Lazzaro di Savena e poi Pianoro. Al paese di Farneto un cartello sulla destra segnala il parcheggio dove si lasciano le auto, da qui con un sentiero si costeggia la strada per poi traversare ed entrare nel centro del Parco. Il Museo Donini invece si trova a San Lazzaro di Savena, quindi giusto sulla strada del ritorno (o dell’andata), presso il Parco della Resistenza.

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