Gli archeopark sono affascinanti perché in essi il passato si fa tangibile, le persone dei secoli passati tornano ad abitare la terra che calpestiamo e la storia non è più una rovina di pietre ma una vita quotidiana raccontata da uomini e donne in carne ed ossa. Gli archeopark, o archeodromi, sono nati nei paesi scandinavi per avvicinare anche i più piccoli alla storia e all’archeologia. Sono realtà costose e complesse da mantenere e questo articolo, come gli altri che dedico ad essi, vogliono essere un ringraziamento per coloro che ci regalano questa esperienza di vita nel passato.
Cosa è l’archeodromo
L’archeodromo di Poggibonsi ricostruisce la vita di un villaggio altomedievale realmente rinvenuto a Poggio Imperiale, una collina nei pressi della cittadina. Il progetto è iniziato nel 2014 ed ha tutti i presupposti per diventare una realtà unica nel suo genere. E’ stata costruita una long house, una casa padronale dell’epoca dei Franchi e degli eredi di Carlo Magno, ben prima dell’anno mille.
All’interno la casa è ricostruita nei dettagli: c’è la dispensa con le sementi sotterrate e il lardo appeso, c’è la cucina fumosa, ci sono i letti sul soppalco per il signore e le stuoie per i servi, ci sono le armi appese e pronte ad essere impugnate.
In particolari occasioni un nutrito gruppo di volontari ricostruisce l’intero villaggio con tutti i suoi personaggi: il signore del villaggio e la sua famiglia, i suoi servi, i cuochi, i contadini e gli artigiani e le loro famiglie. Nel villaggio si lavora, si cucina e si assaggia veramente il cibo di allora, si maneggiano le armi. C’è il prete, che benedice la salma di un defunto che poi viene sepolto poco lontano; ed ecco l’anima del morto uscire da una collinetta e raccontare la sua storia.
L’archeodromo è accessibile ogni giorno festivo e prefestivo, ma come detto in particolari occasioni si anima come un vero villaggio; conviene informarmi contattando direttamente gli organizzatori, oppure seguendo gli eventi sul sito dell’archeodromo o sul suo spazio facebook.
Come si arriva
Da Poggibonsi si seguono le indicazioni per la Fortezza di Poggio Imperiale, e qui si parcheggia.
Per arrivare alla collina del villaggio medievale si segue il perimetro delle mura della fortezza, un affascinante castello rinascimentale visitabile, voluto da Lorenzo il Magnifico; i lavori che circondano la fortezza (nella primavera 2015) preludono al prossimo percorso lungo le mura con ciclabili e giardini, meno di un chilometro di piacevole passeggiata che porta alla porta d’ingresso al cassero. Da qui, una breve stradina sterrata conduce alla collina, e subito l’odore dei focolari annuncia la vicinanza del villaggio.
Oltre al villaggio, anche esso in futura espansione, la collina appare come un ampio e piatto crinale con una bella vista sulla campagna senese; una parte del crinale è occupato dalle rovine della città medievale di Poggio Bonizio, una volta un fiorente centro crocevia di diverse direttrici della Francigena.
Storie dall’alto medioevo
Nel villaggio vive Razo: ha gli occhi azzurri ed è biondo, la sua pelle è chiara; è un cavaliere Franco, viene dalle terre del Nord, lungo il Reno, e discende dai guerrieri che aiutarono i Re Merovingi a conquistare la Gallia. E’ il dominus di questo villaggio, severo quanto generoso; le terre gli sono state donate dal suo re in cambio dei suoi servigi come cavaliere del suo esercito quando, con la bella stagione, è tempo di guerra.
Vive nella grande casa, accompagnato dai suoi servitori, alcuni franchi come lui, altri Italici, i lontani discendenti degli antichi romani, altri ancora Goti, barbari dell’Est, o Longobardi, barbari del Nord.
Il villaggio è circondato da fitte foreste popolate da lupi e orsi e le strade per accedervi, le antiche strade romane, sono ridotte a malandati sentieri; perciò il villaggio deve essere indipendente, qui si deve produrre tutto, dal cibo ai vestiti, dagli strumenti alle armi.
La grande casa di Razo oggi ci sembrerebbe invivibile: piena di fumo, con il pavimento in terra battuta e i muri freddi; buia, e male illuminabile, anche perché guai a esagerare con il fuoco, la casa diventerebbe un unico grande rogo.
Ogni tanto un prete si aggira per queste capanne ed ha un bel daffare a combattere le superstizioni, i riti pagani e le credenze ancestrali che una natura selvaggia sembra suggerire di continuo.
Eppure qui si cresce, e già una nuova generazione di bambini corre per questi campi.