A Baratti con le fate, le sirene e i cavalleggeri

A Baratti con le fate, le sirene e i cavalleggeri

Per secoli gli uomini hanno camminato malvolentieri in questa macchia. Capitava infatti di dover passare accanto a uno di quei luoghi strani, dove una stretta scalinata intagliata nella roccia scendeva giù nella terra, fino a quelle enigmatiche abitazioni infere che la gente dava per certo essere le case di spiriti arcani che chiamavano fate, sempre pronte ad assalire gli incauti viandanti.
Si diceva che di notte le fate corressero giù all’impazzata finendo per gettarsi in mare, riemergessero poi dagli abissi e finissero la loro scorribanda divertendosi a costruire castelli di roccia con torri, pinnacoli e mura insuperabili.
Anche se oggi sappiamo che le buche delle fate sono in realtà una parte della necropoli della antica città etrusca di Populonia, può capitare ancora di vedere qualcuno accelerare il passo, preso da un vado senso di inquietudine.

Come arrivare
Questa escursione unisce il ben conosciuto sentiero che scende verso le Buche delle Fate con la parte più settentrionale, breve ma affascinante, della Via dei Cavalleggeri, un percorso che si snoda a picco sul mare, nel fitto della macchia mediterranea, bordando nella sua interezza il promontorio di Baratti, da Piombino a Populonia.
Il sentiero per le Buche delle Fate inizia da un piazzale di sosta, conosciuto come piazzale del Reciso, raggiungibile da una strada che sale dal porto di Baratti; da qui l’escursione si svolge tutta in discesa o in piano, per cui si può scegliere di iniziare salendo al Reciso da Baratti (15 minuti a piedi grazie a una scorciatoia) oppure parcheggiare al Reciso e inviare a fine giro qualche volenteroso della famiglia a riprendere l’auto.

L’escursione
Il sentiero per le Buche delle Fate è tranquillo e divertente in tutte le stagioni con l’unica eccezione dei fine settimana estivi quando ci troveremmo tra i villeggianti con l’ombrellone in spalla, la calura sarà appena sopportabile e il castello di rocce in riva al mare avrà ben poco di magico. Il sentiero è breve, 40 minuti a velocità di bambino, tutto in discesa e mai complicato; esplorare le buche delle fate e gli scogli alla fine della discesa saranno un ottimi diversivo per dissipare la stanchezza. Poco prima di raggiungere la scogliera (che non dovrete comunque dimenticare di visitare, arrivando fino al mare) si incrocia la via dei Cavalleggeri che, imboccata verso destra (faccia al mare) prosegue verso Baratti; proseguendo invece verso sinistra si raggiunge in pochi minuti una piccola caletta con una spiaggia a grossi ciottoli.
La via dei Cavalleggeri esisteva già nel cinquecento e collegava i due porti di Livorno e Piombino; nel tratto di Baratti diventava uno stretto sentiero appena sufficiente a lasciar passare a piedi o a cavallo i cavalleggeri, un corpo di armigeri posti a guardia delle fortificazioni costiere.
Il percorso ha solo brevi saliscendi e per lo più resta sempre in quota: si cammina immersi nel verde profumato della macchia, lo sguardo di quando in quando spazia lungo la scogliera e sul mare. Un paio di ore saranno sufficienti per tornare al porto di Baratti anche a velocità bambino e con tutte le pause del caso.

Nei dintorni
Il golfo di Baratti è un angolo di mare assolutamente intatto, il porticciolo è piccolo e rustico, le spiagge grandi, belle e soprattutto libere, la macchia mediterranea copre i versanti alle spalle del porto.
Subito dietro la strada ci sono i campi dove poche aziende coltivano questa terra fertile a carciofi, fave, pesche e fragole; un paio di esse offre anche un rustico servizio di agricamping immersi nella campagna. La spiaggia, a metà del golfo, è grande e bella, rossa per i minerali ferrosi.
Populonia è la vera perla del golfo. L’etrusca Pupluna era una grande città industriale ante litteram, l’unica delle dodecapoli, le dodici città etrusche, ad affacciarsi sul mare proprio per raccogliere e lavorare i minerali ferrosi che provenivano dalla vicina Isola d’Elba.
Il castello e il paese vecchio sorgono sulla antica acropoli di cui il museo archeologico conserva ancora molti resti.
Nel secolo scorso iniziò lo sfruttamento delle scorie di lavorazione lasciate dagli Etruschi, più di un milione di tonnellate di materiale che conteneva ancora tanto ferro; fu grazie a questo sfruttamento tardivo che venne alla luce la più bella delle necropoli di Populonia, la necropoli di San Cerbone, non lontano dalla spiaggia.

La storia delle fate e delle sirene
Le leggende nate vicino al mare confondono spesso le fate con le sirene: in fin dei conti sono entrambi esseri che vivono nel mondo selvatico, là dove gli uomini non arrivano, nelle profondità della terra, nel fitto dei boschi e negli abissi marini. Sono spiriti di cui non c’è troppo da fidarsi: hanno infatti l’abitudine di catturare i viandanti solitari e notturni portandoli nei loro mondi nascosti, dai quali non torneranno più.
I pescatori di Baratti raccontano di un coraggioso giovane che si avventurò in questa costa e fu rapito dalle fate; la sua amata non riusciva a darsi pace e ogni giorno si sedeva sugli scogli a picco sul mare, piangendo e invocando il nome del suo amore.
Ma ecco un giorno passare un delfino che, commosso da quella scena, raccolse una delle lacrime della giovane e la trasformò in una perla: il delfino portò la perla alle sirene offrendosi di donarla in cambio della libertà del giovane. Le sirene accettarono lo scambio e i due innamorati, insperatamente riuniti, si affrettarono a tornare nel mondo degli uomini.
Ma fu allora che le fate-sirene pensarono che lo scambio non fosse stato equo, e che una sola perla fosse poco in cambio di quel bel giovane: rincorsero i due ragazzi attraverso il bosco e stavano per raggiungerli quando Nettuno in persona, dio del mare, decise di aiutare i due amanti: colse una stella e la diede alle fate per placarle. Le fate-sirene la raccolsero ma gli sfuggi di mano e cadde frantumandosi; fu così che i due pezzi di stella crearono i due bellissimi promontori, che i pescatori chiamano ancora oggi Stella e Stellino.

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